L ‘ascesa dei camici rosa
Nella medicina e nella sanità è avvenuto un evento che può essere esemplificativo di un grande cambiamento. Statisticamente le donne medico sono un ampia maggioranza rispetto agli uomini: in Europa più della metà dei medici al di sotto dei trentacinque anni di età sono donne; il record tra i paesi europei spetta all’Italia con una percentuale superiore al 65%, rispetto al 58% dei medici del Regno Unito, del 60% della Francia e 63% della Spagna. Il cambiamento del panorama professionale nella medicina è ormai consolidato, ma la storia delle donne medico parte da lontanissimo…
Dalle civiltà asiatiche, a quelle africane, all’epoca atzeca le testimonianze confermano il ruolo della donna come soggetto attivo ed esclusivo come portatore di salute e benessere nel proprio nucleo familiare e nella comunità di cui faceva parte. Nel periodo buio dell’inquisizione furono spazzate vie tradizioni millenarie di cure e benessere psicofisico e in particolare la figura femminile venne emarginata, le conoscenze mediche assicurate ai soli uomini e vietate alle donne, grandi vittime di quel periodo.
Questa chiusura verso la figura femminile nella medicina( e non solo!!) perdurò fino a poco più di un secolo fa, quando le donne ricomparvero nelle accademie di Medicina, spesso derise e boicottate dai colleghi maschi, dalle stesse famiglie di origine, dovendo superare mille ostacoli di carattere culturale e organizzativo.
Le donne cominciarono ad essere accettate nelle università e nella professione medica soltanto a partire dal fine ‘800-inizio ‘900 soprattutto negli Stati Uniti. In Italia la prima donna medico, figura isolata però, laureatasi all’università di Padova nel 1678, Lucrezia Cornaro Piscopia, è anche la prima donna laureata in Medicina nel mondo! In Italia tra le figure di donne medico che si sono imposte nel mondo scientifico, spiccano Maria Montessori, laureata in medicina e Pedagogia che si impose con il suo metodo educativo apprezzato in tutto il mondo, e tralasciando altri nomi non meno importanti , più recentemente la grande figura di Rita Levi Montalcini, ricercatrice, scopritrice dell’N.G.F, fattore di crescita delle cellule nervose, premio Nobel per la Medicina nel 1986. In Italia dall’inizio di questo secolo c’è stato un aumento vertiginoso dei camici bianchi al femminile: un attento censimento della Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici nel 1978 stimava le donne medico circa 17.000 su un totale di 143.000 operatori medici, distribuite soprattutto nell’Italia settentrionale; nel 1994 un sondaggio elaborato dalla stessa federazione, valutava circa 100.000 donne medico su un totale di 330.000 medici (circa 30%), con una distribuzione sul territorio simile ai dati del primo censimento. Nell’anno accademico ’95-’96 si ha un sorpasso da parte delle donne per ciò che concerne le iscrizioni al corso di laurea in medicina.
La crescita numerica delle donne medico se da un lato rende più forte la componente femminile della categoria, dall’altro non bisogna sottovalutare le difficoltà che ad oggi le donne medico incontrano. Le donne hanno occupato alcune branche della medicina che per tanti anni erano state a loro interdette come la chirurgia, tuttavia cercano di conciliare la vita professionale e la famiglia, e spesso prediligono specializzazioni che non le obbligano a fare orari lunghi e gravosi e i turni notturni; la maggior parte sceglie la medicina di base o la pediatria o esercita l’attività ospedaliera con poche velleità di carriera. Ricorre spesso al part time soprattutto negli anni decisivi per la carriera. Da vari rapporti stilati da Ordini dei Medici e da studi e analisi fatte durante il convegno sulla” Medicina declinata al femminile” organizzato nel 2007 dalla Fnomceo emerge una situazione della donna medico con profondo disagio di lavoro e di relazioni; che subisce svantaggi e discriminazioni, vessazioni, in certi casi molestie sessuali e violenze. La discriminazione è soprattutto nell’esclusione dai programmi di lavoro e da iniziative del servizio di appartenenza; nell’avere meno incarichi e nel mancato raggiungimento dei livelli apicali ( donne professori ordinari di medicina e Chirurgia 8.3%; donne negli organismi direttivi degli ordini dei Medici 293su 2000) .
Circa un 46% delle donne medico afferma di aver subito molestie sessuali e non mancano anche aggressioni fisiche vere e proprie. La donna medico non fa eccezione nel generale panorama lavorativo femminile, subisce però un’accentuazione di questi fenomeni negativi ben oltre la media nazionale. Nonostante le parecchie zone grigie contenute in questi rapporti emerge comunque che il 60% delle donne Medico si dichiara soddisfatta del proprio lavoro e ruolo professionale e si sente apprezzata dai propri colleghi; rimane un diffuso scetticismo circa la probabilità di salire tutti i gradini della carriera. All’aumento delle donne in medicina non corrisponde un cambiamento delle strutture, spesso le donne sono obbligate ad adattarsi a regole a dominanza maschile :in futuro saranno necessarie più garanzie(ad es. per la donna in gravidanza), dei nuovi equilibri, delle armonizzazioni e dei compromessi .
Le differenze di genere tra medico di sesso maschile e femminile, sono importanti: la differenza è tra il curare e il prendersi cura. In questo senso le donne hanno con il paziente un rapporto diverso: gli uomini sono più razionali, portati a intervenire sul male, le donne conoscono meglio il valore della promozione della salute ,hanno più cura per l’integrità della persona. Inoltre la presenza della donna è un ottimo antidoto alla tecnicizzazione e conseguente disumanizzazione che sta avvenendo in medicina.
La pluralità degli approcci è una ricchezza; l’approccio” razionale” maschile e quello” passionale” femminile non sono in competizione ma entrambe possono concorrere a definire una medicina migliore; entrambe possono essere un valore aggiunto per il malato. La femminilizzazione della medicina è un importante cambiamento che richiederà ancora battaglie da parte delle donne per i loro diritti, in un universo in cui le regole sono ancora declinate al maschile; non è un semplice turn-over di genere, è sopratutto una grande opportunità per migliorare e umanizzare la professione medica.